lunedì 20 giugno 2016

LO SGUARDO CORTO SUI PROFUGHI (IL SOLE 24ORE 24-1-2016)




La lettrice ed il lettore di certo hanno sentito parlare (talvolta forse non in senso positivo) delle organizzazioni non governative, in sigla ONG; si tratta di associazioni senza fini di lucro, una categoria di organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus) codificate dal Ministero degli Esteri in un elenco specifico.

Esse infatti concentrano la loro attività nel settore della Cooperazione internazionale (Legge 26 Febbraio 1987, n. 49).

In diversi Paesi europei esistono le ONG.

Perché questa premessa in relazione al tema della immigrazione in Europa?

Molto probabilmente in Italia stanno maturando i tempi per cominciare a ragionare intorno anche ad un “dopo accoglienza” per quelle persone che hanno ottenuto, in sede di Commissione Territoriale, il diritto di asilo e quindi una serie di riconoscimenti, a partire dal diritto di soggiorno.

Persone, in particolare giovani donne, sovente con una istruzione di base, che parlano un inglese fluente, che professano in modo laico una delle due grandi religioni monoteiste, libere proprietarie del loro sesso, insomma delle giovani cittadine europee per tutto ed in tutto. Con una nota curriculare non di poco conto: queste persone hanno conosciuto la vita, intesa come casistiche particolari (guerra, violenza, persecuzione …).

Alla luce di quanto sopra, una iniziativa legislativa interessante potrebbe essere quella di prevedere un inserimento agevolato fra le figure di cooperanti nelle ONG italiane nel settore della Cooperazione e Sviluppo Internazionale delle persone di cui sopra.
Il tutto attraverso un emendamento all’art. 32 della sopra-citata Legge n. 49/1987 recante i requisiti delle/dei cooperanti. 

Con la auspicabile revisione della Direttiva Dublino che attualmente impone l’obbligo del luogo di lavoro permanente nello Stato di accoglienza e di riconoscimento, l’inserimento in oggetto potrebbe interessare anche le Ong del Nord Europa.

In ogni caso una iniziativa legislativa nazionale non dovrebbe comportare degli scompensi dei flussi migratori a livello continentale, trattandosi di una misura agevolata per una aliquota contenuta di persone che hanno visto riconosciuto il diritto di asilo in Italia.

In conclusione l’ordinamento giuridico si arricchirebbe di uno strumento di “dopo accoglienza” che non punta alla soluzione salvifica dei flussi migratori in Italia in termini di quantità, di dimensioni, ma che racchiude un messaggio di altissimo valore: ti accolgo, ti faccio cittadina, ti formo, ti do la possibilità, dietro retribuzione, di lavorare anche nella e per la terra da dove provieni (missioni periodiche).

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