(Caroline
Eriksson, laureata in psicologia sociale, ha lavorato
per dieci anni come consulente nell’àmbito delle risorse umane. Tuttavia la sua
passione è sempre stata la narrativa, cui ora si dedica a tempo pieno. Vive nei
dintorni di Stoccolma col marito ed i due figli).
Nella società liquida
contemporanea la “risoluzione” (di diritto o di fatto) del contratto di
matrimonio, posto in essere anche da media-lunga data, non è una a-normalità.
Forse le due a-anormalità, se
vogliamo così chiamarle, che possiamo cogliere nelle attuali crisi del
contratto coniugale in particolare di lunga data di stipula potrebbero essere
le seguenti:
1) il
primato in Italia di una motivazione su tutte: la domanda di intimità
affettiva (espressioni di affetto,
coccole, carezze, …) in linea generale da parte di una delle parti del
contratto, di fronte alla quale le parti stesse del contratto sono ignoranti
nel comunicarla, nel recepirla e quindi nel viverla (*);
2) i
silenzi in Italia della religione, della istruzione (che non sia quella accademica
universitaria per psicologi ecc.), dei mezzi di informazione (se non legati al
gossip), dell’intellettualismo, dell’intellighenzia (maschile e femminile) su
quanto sopra.
Morale? La domanda di intimità
affettiva in età agé diventa una delle tante
questioni affidate alla magistratura: è legittimo pretenderla? E’
legittimo in-evaderla? Pretendere, in-evadere? Ci si può domandare: quale
linguaggio stiamo usando? Stiamo parlando della tenerezza.
Non si ha idea di quanto estesa
è la fattispecie in parola in Italia. Conseguenze? Una qualità della vita,
intesa come benessere sensoriale e sociale,
scadente non solo a livello coniugale, ma in tutti quegli àmbiti in cui
le persone “interessate” inter-agiscono (lavoro, tempo libero, adempimenti
civici e religiosi …).
E che perdura, se non si
acutizza, dopo l’intervento della Magistratura. Alla quale una società, auto-reputantesi
“emancipata” e civile, demanda la gestione della intimità affettiva coniugale.
Al pari della sussistenza dell’obbligo di pagare l’Irap.
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(*) Per certi
versi l’assurdo è quello che su di alcuni temi della quotidianità gestionale
fra le controparti agé del contratto matrimoniale c’è una “sostanziale”
condivisione di fondo, ma la “forma” attraverso la quale una delle parti, con
uno sforzo emotivo elevatissimo, innesca la conversazione sui contenuti provoca
il deragliamento della stessa verso una discussione sulla forma (non gradita
dalla controparte fin dai primi secondi della pronunzia), che prende poi il
sopravvento su quella dei contenuti.
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